Antonio Ligabue sul grande schermo: confronto tra i film di Salvatore Nocita (1977) e Giorgio Diritti (2020)
- CARLOTTA RUDELLI
- 10 apr
- Tempo di lettura: 3 min
L’enigmatica figura di Antonio Ligabue, pittore maledetto ed emarginato, ha affascinato il cinema in due momenti diversi: nel 1977 con il film di Salvatore Nocita, interpretato da Flavio Bucci, e nel 2020 con Volevo nascondermi, diretto da Giorgio Diritti, con Elio Germano nel ruolo del protagonista. Entrambe le opere affrontano la travagliata esistenza dell’artista, ma lo fanno con stili e prospettive differenti. Questo articolo mette a confronto i due film, analizzando il loro approccio narrativo, stilistico ed emotivo.
Il film di Salvatore Nocita adotta un registro documentaristico, con una fotografia spoglia e un’atmosfera cupa che enfatizza il senso di alienazione vissuto da Ligabue. La narrazione segue fedelmente gli eventi biografici, offrendo un ritratto dettagliato dell’artista e delle sue sofferenze. La regia è funzionale e sobria, con un ritmo lento che riflette la ciclicità della vita del pittore.

Di contro, Giorgio Diritti in Volevo nascondermi sceglie un approccio più poetico e immersivo, utilizzando una fotografia evocativa e una regia che alterna momenti di introspezione a sequenze di grande impatto visivo. La macchina da presa si avvicina al protagonista, facendoci vivere la sua follia e il suo tormento dall’interno, con inquadrature suggestive e un forte utilizzo della luce naturale.

Sia Flavio Bucci che Elio Germano hanno offerto interpretazioni magistrali, seppur con approcci diversi. Bucci, con un’intensità asciutta e contenuta, restituisce un Ligabue solitario e alienato, rendendo credibile il suo disagio con una gestualità nervosa e sguardi carichi di tensione emotiva. La sua interpretazione è realistica e senza eccessi, enfatizzando il lato umano dell’artista senza ricorrere a enfasi drammatiche.
Germano, invece, offre una performance più fisica ed espressiva, trasformandosi completamente nel pittore attraverso un’interpretazione che rasenta il mimetismo. La sua recitazione è più intensa e carica di pathos, il che gli è valso il Leone d’Argento per la miglior interpretazione maschile alla Berlinale e il David di Donatello. La sua prova attoriale amplifica il dramma interiore di Ligabue, rendendolo un personaggio ancora più complesso e stratificato.

Entrambi i film trattano il tema dell’emarginazione e del riscatto attraverso l’arte, ma lo fanno con sensibilità diverse. Il film di Nocita pone l’accento sul rifiuto sociale subito da Ligabue e sulla sua lotta per essere riconosciuto, mostrandolo come un uomo prigioniero della sua malattia mentale. L’opera di Diritti, invece, scava più a fondo nel mondo interiore dell’artista, trasformando la sua storia in un viaggio psicologico e sensoriale. Il Ligabue di Volevo nascondermi è meno vittima e più creatura ribelle, il cui genio non è solo una via di fuga, ma un atto di affermazione personale.
Un altro elemento distintivo tra le due opere è l’uso della colonna sonora. Il film di Nocita utilizza musiche che sottolineano il dramma esistenziale del protagonista con toni sobri e malinconici, mantenendo un approccio più classico. Diritti, invece, integra una colonna sonora più evocativa e sperimentale, che amplifica le emozioni e accompagna i momenti di maggiore intensità psicologica.
Se il film di Nocita è una rappresentazione più tradizionale e narrativa, quello di Diritti è una visione più intima e sperimentale. Il primo si sofferma sulla cronaca della vita di Ligabue, mentre il secondo esplora il suo tormento interiore attraverso una narrazione più artistica e immersiva. Entrambi i film sono essenziali per comprendere l’artista in tutte le sue sfaccettature: uno attraverso la fedeltà biografica, l’altro attraverso la profondità emotiva. Due ritratti diversi, ma complementari, che insieme offrono una visione completa di un artista incompreso, capace di trasformare il dolore in arte immortale.