Frida Kahlo e il Surrealismo: Un'Amicizia mai Consumata
- CARLOTTA RUDELLI
- 4 giorni fa
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Frida Kahlo è una delle artiste più iconiche e riconoscibili del XX secolo. La sua opera, profondamente autobiografica, viscerale e simbolica, ha spesso sfidato le classificazioni convenzionali. Sebbene il suo stile sia stato frequentemente accostato al surrealismo, e nonostante i surrealisti — in particolare André Breton — l'abbiano accolta con entusiasmo, Kahlo ha sempre respinto con fermezza l’etichetta di “pittrice surrealista”. Ma da dove nasce questo corteggiamento artistico e perché lei lo ha rifiutato?
Nel 1938 Frida Kahlo fu invitata a esporre le sue opere a Parigi grazie all'interessamento di André Breton, fondatore e teorico del movimento surrealista. Breton, vedendo i suoi dipinti durante un viaggio in Messico, fu subito colpito dal potere onirico e simbolico delle sue composizioni. Li definì “nascenti da un nastro rotto tra la realtà e il sogno”, un principio fondante del surrealismo stesso.

La fascinazione di Breton non era casuale: l’opera di Kahlo sembrava incarnare i principi del movimento senza che lei ne avesse mai preso parte formalmente. L’uso di simboli enigmatici, l’introspezione psichica, la trasfigurazione del corpo e della sofferenza, la sfida alle convenzioni borghesi — tutto nella sua pittura sembrava evocare l'inconscio e l'irrazionale tanto cari ai surrealisti. Per questo motivo Breton e i suoi seguaci tentarono con insistenza di inglobarla nel loro circolo, vedendola come una musa naturale del movimento.

Nonostante il plauso di Breton e della critica parigina, Frida Kahlo respinse la definizione di artista surrealista. “Pensavano che fossi una surrealista”, scrisse, “ma non lo sono mai stata. Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.”

Questa affermazione riassume perfettamente il cuore del rifiuto di Kahlo: per lei, i suoi quadri non erano il prodotto di automatismi psichici o di esplorazioni dell'inconscio, ma rappresentazioni fedeli — seppur simboliche — della sua esperienza di vita. La sofferenza fisica causata dall’incidente stradale subito da giovane, la complicata relazione con Diego Rivera, il desiderio di maternità e il suo profondo legame con l’identità messicana erano elementi vissuti, non sognati.
Frida non si riconosceva nel gioco mentale dei surrealisti, che spesso cercavano di rompere con la logica per accedere a un "altrove" psichico. Per lei non si trattava di rompere con la realtà, ma di affrontarla frontalmente, di sublimarla e rappresentarla attraverso il filtro personale della pittura. La sua arte non era un’evasione, ma una testimonianza.
Se da una parte il surrealismo ha trovato in Frida Kahlo un’icona naturale, dall’altra Frida non ha mai mostrato particolare interesse per le teorie o le dinamiche del movimento. L'esperienza parigina, anzi, le lasciò un senso di estraneità e delusione. La trovò una città fredda, piena di intellettuali distaccati e poco concreti, incapaci — a suo dire — di comprendere davvero la sofferenza umana che lei viveva e rappresentava.

Questo distacco fu anche culturale: Kahlo era profondamente radicata nella cultura e nel folclore messicani, nei colori, nei miti e nelle tradizioni popolari, che considerava veri e vitali, in contrapposizione al sofisticato intellettualismo europeo.
Frida Kahlo è stata senza dubbio un’artista vicina al surrealismo per forma, ma radicalmente distante per intenzione. Il suo rifiuto dell'etichetta surrealista non nasceva da disprezzo, ma da una difesa coerente della propria identità artistica. Se i surrealisti cercavano di dipingere l’invisibile mondo dei sogni, Frida cercava di rendere visibile la crudezza della realtà. Un’affinità solo apparente, dunque, che ha dato vita a una delle incomprensioni più affascinanti della storia dell’arte moderna.