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Cesare Zavattini, storia di un regista del neorealismo

Aggiornamento: 12 apr

Questa è la storia di un uomo senza età, poliedrico, fantasioso e narratore instancabile della realtà.


Cesare Zavattini nasce a Suzzara, in provincia di Reggio Emilia, nel 1902.

Molti di voi accostano subito il suo nome al cinema, perché è stato il più significativo esponente del movimento neorealista in Italia, in qualità di sceneggiatore di film che hanno segnato la storia e ancora oggi sono un punto di riferimento nel panorama cinematografico.


Zavattini è anche altro, inizia la sua attività come istitutore presso il Collegio Maria Luigia di Parma, dove tra i suoi allievi spicca Giovanni Guareschi; la passione per la scrittura prende il sopravvento e inizia a scrivere articoli per «La Gazzetta di Parma», mentre inizia a dedicarsi anche alla pittura. Poi si trasferisce a Milano, lavora per Rizzoli e Mondadori, scrive fiabe e racconti surreali ma intrisi di quotidianità.

Nel 1931 la casa editrice Bompiani pubblica il suo primo libro, Parliamo tanto di me, una raccolta di brevi racconti che descrivono in tono umoristico e surreale un viaggio nell’aldilà.

 Insieme all’attività giornalistica e letteraria, a partire dal 1935 Zavattini inizia il suo lavoro più importante, quello di sceneggiatore per alcuni dei registi importanti, come Mario Camerini, Alessandro Blasetti, Luigi Zampa e Alberto Lattuada.

Italo Calvino, agli inizi della sua carriera di scrittore, scrisse molte recensioni sul cinema neorealista e suoi protagonisti, è possibile leggerle nella raccolta: Saggi (1945-1985), nella collana Meridiani, edito da Mondadori.


L'incontro predestinato, scritto nelle stelle, con il regista Vittorio De Sica avviene nel 1943 a Roma: l’inizio del lungo e prolifico sodalizio, insieme realizzano circa 20 film e alcuni tra i più grandi capolavori del neorealismo (Sciuscià, 1946; Ladri di biciclette, 1948; Miracolo a Milano, 1951; Umberto D., 1952, La ciociara, 1960).


Vittorio De Sica e Cesare Zavattini
Vittorio De Sica e Cesare Zavattini

Nel 1949 vince l’Oscar con Ladri di biciclette di De Sica.



Noi due siamo come il cappuccino, che non si sa il latte qual è, e qual è il caffè, ma c'è il cappuccino. Questo significa che c'è stata una specie di vocazione a unirci, ci siamo uniti su una base reale, umana; e quando dico umana voglio dire certi valori espressivi che ci hanno trovato d'accordo subito in partenza, e vorrei dire, la semplicità, la chiarezza.

Con questa espressione durante un'intervista ha definito il suo rapporto speciale con Vittorio De Sica.


Cesare Zavattini è stato tra i promotori di Antonio Ligabue, anche se non è stato lui a scoprirlo ma l'artista Marino Mazzacurati, che si era imbattuto per caso nelle sculture fatte di argilla degli argini del Po, dove Ligabue aveva trovato rifugio.


Durante una delle tante interviste, quando gli chiedevano di Ligabue, raccontava che viveva allo stato brado, il suo modo d'impersonificarsi consisteva nel "divenire-animale": «ululava / se dipingeva lupi / ruggiva se dipingeva leoni», «si arrotava il naso contro il muro / per averlo adunco / voleva essere aquila; forse gli animali vedono le cose quali sono / per questo tentava / di trasformarsi in loro». Poi l'aneddoto più famoso era di quando accompagnarono Ligabue a visitare la Cappella Sistina.

Alla vista dell'affresco, Ligabue scosse la testa e commentò: «non è pittore chi non mette in un quadro le bestie».



Nel 1967,Cesare Zavattini scrisse un biografia di Ligabue, dal titolo Toni, è un poemetto di 1044 versi che ripercorre le vicende del pittore Antonio Ligabue (1899-1965).

È il ritratto di un uomo-pittore attraverso brani di verità quotidiana: "Se dovessi narrare in una riga," così termina la biografia, "la storia di Ligabue, direi che era meraviglioso come noi".


Il talento di Zavattini è tutto nella sua capacità di saper osservare il mondo piccolo della gente comune.

Nella Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, è conservato l'archivio di Cesare Zavattini, con documenti relativi a circa duecentotrenta film.

“Perché è un danno non fare un film quando lo devi fare; come un quadro si fa in quanto passaggio a un successivo quadro, altrettanto è con i film"


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